Tumore al seno: ogni anno in Italia 8.300 nuovi casi
Dal Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) arrivano nuove ed importanti evidenze scientifiche sull’utilizzo dell’immunoterapia nel tumore del seno. Un anticorpo monoclonale (avelumab) dopo l’intervento chirurgico ha dimostrato di ridurre del 34% il rischio di morte nelle pazienti con carcinoma mammario triplo negativo precoce ad alto rischio di malattia metastatica. La terapia ha infatti diminuito del 30% lo sviluppo di metastasi a distanza (polmone-fegato-cervello).
Sono questi i due principali dati emersi dal trail clinico A-BRAVE che è stato presentato, ieri a Chicago, durante la penultima giornata del Congresso della Società Scientifica statunitense. Lo studio accademico, indipendente ed internazionale è stato coordinato dall’Università di Padova. E’ il primo in assoluto a livello mondiale che ha preso in considerazione l’immunoterapia, dopo il ricorso alla chemioterapia neo-adiuvante. Ha visto la partecipazione di 60 centri oncologi italiani (tra cui lo IOV di Padova) più altre 6 strutture sanitarie inglesi. In totale sono coinvolte 477 pazienti.
“Il carcinoma mammario triplo negativo rappresenta il 15% del totale delle diagnosi e si registrano in Italia 8.300 nuovi casi l’anno – sostiene Pier Franco Conte, professore ordinario all’Università di Padova, Direttore Scientifico dell’IRCCS San Camillo di Venezia e coordinatore dello studio A-BRAVE -. Le donne che abbiamo reclutato presentavano un tumore precoce ad alto rischio e oltre l’80% di loro aveva un residuo di malattia dopo un primo trattamento di chemioterapia neo-adiuvante. Abbiamo perciò valutato l’utilizzo del farmaco avelumab come terapia adiuvante, utilizzata cioè dopo l’intervento chirurgico.”
“Le pazienti sono state divise in due gruppi omogeni e le prime hanno seguito per un anno la terapia con avelumab, somministrata per via endovenosa ogni 15 giorni. Per le seconde invece abbiamo solo svolto dei controlli periodici di follow up. Sono stati ottenuti buoni risultati, in particolare la sopravvivenza globale a 3 anni è stata maggiore del 8,5% nel gruppo delle donne trattate, rispetto a quelle del gruppo di controllo. La nuova terapia è poi risultata generalmente ben tollerata. Sono state, infatti, riscontrate poche tossicità e in oltre il 70% dei casi il trattamento è stato concluso senza nessun problema”.
“Lo studio A-BRAVE è la nuova dimostrazione di come stiamo ampliando l’armamentario terapeutico contro il tumore più diffuso in Italia e in molti altri Paesi Occidentali – conclude il prof. Conte -. L’immunoterapia si conferma una nuova ed estremamente interessante prospettiva, anche per la gestione dei casi più gravi di carcinoma mammario. E’ già stato approvato un altro farmaco immunoterapico sia come terapia neoadiuvante che in post- neoadiuvante. Attendiamo nuove ricerche cliniche per valutare le ulteriori potenzialità dell’anticorpo monoclonale”.