Fiducia Gentiloni Camera e Senato Roma, al via nuovo governo Pd
Prima la fiducia alla Camera, poi quella del Senato: l’esecutivo Gentiloni è ufficialmente al via. Tra le novità, l’uscita dall’esecutivo dell’Ala di Verdini, che ha deciso di non partecipare alla votazione della fiducia al Senato. Tra le priorità: sisma, banche, occupazione e Sud Italia. Ma, mentre il neo premier afferma che l’esecutivo durerà fin tanto che avrà la fiducia, montano le proteste per la squadra di Governo.
LA FIDUCIA ALLA CAMERA – 368 voti favorevoli, ossia 10 in meno di quelli ottenuti nel febbraio del 2014 da Matteo Renzi, e 105 contrari. Movimento 5 Stelle, Lega Nord e Ala hanno deciso di rimanere fuori dall’aula, stesso discorso per una parte consistente di Forza Italia e di Fratelli d’Italia.
– Gentiloni, nel suo discorso ai Deputati, ha confermato di voler dar vita a un esecutivo “di responsabilità, garante della stabilità delle istituzioni che intende concentrare le energie sui problemi degli italiani”, specificando che “il profilo politico di questo governo è iscritto nel quadro della maggioranza che ha sostenuto il governo precedente che non è venuta meno, per qualcuno è un limite, io lo rivendico”.
LA FIDUCIA AL SENATO – E dopo la fiducia alla Camera, ottenuta nel tardo pomeriggio di martedì 13 dicembre, ecco che ieri è arrivato l’ok anche del Senato: 169 voti favorevoli, lo stesso numero di quelli ottenuti da Renzi ormai quasi tre anni fa, e 99 i contrari con Ala e Lega Nord che hanno deciso di non partecipare alle votazioni.
– Nel discorso tenuto al Senato, non sono mancati i riferimenti del neo premier all’urgenza di dotarsi di una nuova, e finalmente costituzionale, legge elettorale che possa garantire “al nostro sistema regole che consentano alla Camera e al Senato di governare in modo armonizzato”.
LE POLEMICHE SULLA SQUADRA DI GOVERNO – Alfano agli Esteri, la Boschi come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Lotti allo Sport con deleghe strategiche e la Fedeli, neo ministra dell’Istruzione che avrebbe mentito nel suo Curriculum sul suo titolo di studio: sono questi i nomi più gettonati su cui si è scatenata la critica politica.
– In molti hanno visto lo spostamento di Alfano dagli Interni agli Esteri come un modo per spegnere i riflettori su quel ministro che non è riuscito a risolvere la crisi dell’immigrazione, ma che ha garantito un appoggio fondamentale per il governo Renzi.
– Sulla Boschi le critiche sono state piuttosto generalizzate: com’è possibile che colei che rivestiva il ruolo di Ministro per le Riforme Costituzionali, a seguito del referendum che ha bocciato la sua riforma, venga addirittura promossa come sottosegretario alla presidenza del Consiglio?
– E poi, assieme alla Boschi, è stato promosso anche il secondo braccio destro di Renzi. Quel Luca Lotti, altro giovane politico nato nella scuola fiorentina dell’ex premier, che è approdato nel Consiglio dei Ministri in veste di Ministro dello Sport, ricevendo però deleghe strategiche come quella al Cipe.
– Discorso a parte, invece, merita Valeria Fedeli che si è attirata a sé le critiche per due vicende. La prima legata a una sua affermazione dove diceva che, in caso di vittoria del No, tutto il Parlamento sarebbe dovuto andare a casa; la seconda sul titolo di studio, comunicando di avere una laurea, risultata poi “falsa”.
L’AGENDA DEL NUOVO PREMIER – Sisma, banche, crescita economica e sociale e questione Sud Italia. Le priorità dell’agenda Gentiloni sono queste; ma all’interno non ci si può non mettere una legge elettorale che l’Italia aspetta da dieci anni, un G7 da organizzare nella prossima primavera a Taormina e la necessità di dialogare con l’Ue per allentare la severità e austerità messa in campo da Bruxelles.
AGENDA FITTA E SQUADRA “RINNOVATA”: VOTEREMO NEL 2018? – Agenda fitta e squadra, a dispetto dei primi commenti, parecchio “rinnovata”; non tanto come rappresentanza, quanto come volti. Due indizi che ci portano a una sola conclusione: l’esecutivo Gentiloni non è stato certo formato per durare poche settimane.
– Se a questo uniamo il fatto che i 4 anni e 6 mesi necessari per i parlamentari per ottenere il vitalizio, scadranno a settembre 2017, appare evidente come gli italiani non saranno chiamati alle elezioni prima dell’autunno del prossimo anno quando, tra l’altro, mancheranno appena 3-4 mesi alla scadenza naturale della legislatura iniziata sotto l’egida di Bersani, proseguita con Letta, scalfita da Renzi e conclusasi con Gentiloni.
– E allora inutile discutere di durata: il governo Gentiloni durerà e le elezioni le avremo solamente ad inizio primavera del 2018. (foto: Geobia)
Matteo Torti