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Lavoro stranieri: le donne guadagnano il 30,5% in meno degli uomini

Roma, 16 dicembre 2024 – In un quadro di generale penalizzazione dei lavoratori stranieri in Italia, le donne immigrate che lavorano sono meno degli immigrati uomini, sono concentrate nelle occupazioni più umili e guadagnano nettamente di meno. I dati di questa disparità, che nei confronti di lavoratrici e lavoratori italiani è ancora maggiore, sono emersi dal seminario “Immigrate e lavoro”, quinto della serie “Le scomode cifre dell’Italia delle donne”, organizzato a Roma dal Consiglio Nazionale degli Attuari, presieduto da Tiziana Tafaro, in collaborazione con Noi Rete Donne, di cui è promotrice Daniela Carlà.

In Italia (dati 2023) il 42,5% dei cittadini stranieri presenti nelle banche dati INPS, quindi cittadini stranieri regolari, sono donne. Come ha sottolineato Valeria Vittimberga, direttore generale dell’INPS, il gender gap retributivo tra lavoratrici e lavoratori stranieri rappresenta un dato di “deflagrante disuguaglianza”: nel 2023 la retribuzione media annua di un lavoratore straniero, secondo i dati del Coordinamento attuari INPS (Giulio Mattioni, Paola Trombetti) è stata infatti di 18.411 euro lordi, mentre quella di una lavoratrice straniera soltanto di 12.788 euro, il 30,5% in meno.

Analizzando i dati INPS secondo i Paesi di provenienza, il differenziale retributivo rispetto agli uomini va dal -27,8% delle Pakistane al -43,5% delle Moldove, con una sola vistosa eccezione, la Cina: le lavoratrici Cinesi guadagnano soltanto il 5,3% in meno degli uomini, che però sono quelli che hanno la retribuzione più bassa tra tutti i lavoratori stranieri, una media di 12.167 euro lordi l’anno (la più alta è dei lavoratori della Moldova, 23.043 euro). La misura della penalizzazione dei lavoratori stranieri appare dal confronto con le medie del totale Italia: 29.409 euro annui lordi per gli uomini, 19.902 per le donne, numeri che testimoniano il divario tra uomini e donne anche mettendo nel conto i lavoratori italiani.

“In Italia le donne straniere nel mondo del lavoro – sottolinea Luca Di Sciullo, presidente del centro di ricerca IDOS, subiscono gli effetti di un doppio stigma: essere straniere ed essere anche donne”. Ma dietro i differenziali retributivi così ampi c’è per gli stranieri il peso di quello che Di Sciullo definisce “modello di segregazione occupazionale”: gli stranieri vengono convogliati in massa e relegati verso il cosiddetto mercato secondario del lavoro, quello di tutte quelle professioni che gli italiani non vogliono più svolgere. Gli anglosassoni li chiamano i lavori delle 3 “d” (dirty, dangerous, demeaning, cioè sporchi, pericolosi, degradanti), in Italia vengono definiti delle 5 “p” (precari, pesanti, pericolosi, poco pagati, poco riconosciuti socialmente): braccianti, manovali, facchini, trasportatori, addetti alle faccende domestiche, addetti alle cucine, etc.

Anche nel tipo di occupazione le straniere sono penalizzate: se il 50% della manodopera straniera maschile si concentra nelle prime 19 professioni più battute, per assorbire il 50% delle straniere ne bastano 4: lavoratrice domestica, badante, addetta alle pulizie e cameriera. In più, non tutte le immigrate lavorano: il tasso di inattività è il 43,2% contro il 16,5% degli uomini. Dove sono le altre? Secondo il presidente di IDOS una parte non lavorano davvero, relegate in casa ad occuparsi dei figli e della casa per effetto di modelli culturali; altre sono, molto più degli uomini, coinvolte nel lavoro nero.

In un quadro di difficoltà a equilibrare lavoro e famiglia, perché nelle politiche di conciliazione l’Italia è in coda tra i Paesi europei, anche le lavoratrici straniere, fa osservare Alessandro Rosina, professore alla facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano, fanno meno figli.

Riguardo agli infortuni sul lavoro, secondo i dati del coordinamento attuari INAIL (Silvia D’Amario, Antonella Altimari), nell’ultimo biennio (2022-2023) il bilancio è positivo, dopo gli anni della pandemia: si registra infatti una diminuzione del 2,9% per il totale dei lavoratori stranieri, calo che sale al 16% considerando soltanto le donne. La diminuzione è però maggiore per i lavoratori italiani: -18,9% il totale, -29,4% le donne. Sempre nel biennio, in sensibile calo gli infortuni mortali. Anche in questo caso la percentuale è maggiore per le italiane (-33,9%) rispetto alle straniere (-20%).

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