“Le Cicogne di Chernobyl” per i 38 anni dal disastro
Il documentario ripercorre le vicende legate al disastro nucleare di Chernobyl, seguendo poeticamente le tracce dei piccoli protagonisti, bambini reduci, a volte, da una storia dolorosa riscattata dall’amore, dall’accoglienza e dalla solidarietà di tante famiglie italiane che hanno aperto il cuore e la propria casa a migliaia di bambini provenienti dai territori contaminati.
Tra passato, presente e futuro “Le cicogne di Chernobyl” è un insieme di racconti dove le esperienze vissute dai protagonisti scorrono in un flusso di rimandi e flash back per ricongiungersi continuamente con il disastro nucleare da cui tutto è partito. Storie, non solo di distruzione, ma anche di ponti che si sono costruiti tra persone e popoli. In particolare, il racconto si sofferma sulle nuove vite degli “ex bambini di Chernobyl” dopo l’esperienza nel nostro paese, mettendo in luce la generosità delle famiglie, ma anche la forza dei ragazzi che hanno trovato con coraggio la determinazione di “rinascere”.
Nel film si alternano percorsi e figure diverse: come i tre fratelli che dopo essere cresciuti separati in tre orfanotrofi si ritrovano uniti da una grande famiglia; la ragazza che attraverso la formazione trova lavoro e stabilità in Sardegna, ma decide di tornare in patria per amore o le due bambine diventate amiche per la pelle dopo esser state accolte da una nonnina di italiana a Castiadas con la quale continuano a rimanere in stretto contatto come due vere e proprie nipoti.
Un emozionante mosaico di storie che evidenzia come l’accoglienza dei bambini dei progetti Chernobyl non ha prodotto solo benefici diretti sulla salute di questi ultimi, ma anche evoluzioni sociali e culturali: le famiglie ospitanti imparano infatti a conoscere la cultura dei piccoli, come questi conoscono quella italiana e il suo modello familiare, paradigma positivo per la loro vita adulta, con effetti positivi per la società tutta. Inoltre, il legame affettivo che scaturisce da questo tipo di esperienze non investe solo gli individui coinvolti direttamente, ma l’intera comunità in nome di valori positivi e costruttivi. L’accoglienza quindi come relazione di aiuto, flessibile e paritaria in cui il “bisogno di aiuto “diventa una vera e propria risorsa per il bene comune e per il rispetto dei diritti dei minori.
Racconta Karim Galici: «“Le Cicogne di Chernobyl” è il mio primo lungometraggio e allo stesso tempo l’ultimo capitolo della trilogia che insieme all’associazione Cittadini del Mondo abbiamo voluto dedicare alle comunità provenienti dall’Est Europa». Un’indagine storica e sociale scritta per il grande schermo con intenso trasporto, lucidità intellettuale e straordinaria sensibilità che scavalca qualsiasi retorica o facile buonismo.
«Da anni pensavamo di raccontare con un docufilm il Progetto Chernobyl – prosegue il regista – e fin dall’inizio mi sembrava una bell’idea di resilienza: una parola spesso abusata, ma in questo caso calzante, anche da un punto di vista psicologico, con la capacità di reagire che hanno avuto i bambini delle zone radioattive, superando traumi e difficoltà e trovando l’equilibrio in una nuova vita. Quando ho deciso di girare questo documentario non potevo sapere tutto questo, ma lo immaginavo. La realtà dei loro racconti è andata però oltre ogni immaginazione. Mi ha ricordato quanto può essere diversa l’infanzia a seconda di dove nasci e che non sempre corrisponde al momento più bello della vita.»
La troupe, coordinata da Cittadini del Mondo Cinema per il Sociale è anche partita per la Bielorussia avvicinandosi sino a 30 chilometri dalla Centrale nucleare. «È stata un’esperienza incredibile – sottolinea il regista – in cui abbiamo respirato un’aria che a distanza di quasi quarant’anni è ancora pesante e abbiamo potuto intervistare chi è sopravvissuto al disastro. Siamo entrati nelle zone che furono evacuate con chi ha la fortuna di poter adesso raccontare quei momenti, ma ha pagato il prezzo altissimo di perdere la propria casa, la propria cittadina. Storie di distruzione che stato bello raccontare con il punto di vista della ri-costruzione ad iniziare dalle singole persone sino ai popoli coinvolti e i loro territori.»
Le riprese del documentario seguono un taglio registico che miscela sapientemente il linguaggio del reportage a quello poetico. Immagini forti, filmati di repertorio, spaccati di quotidianità familiare, testimonianze e ricordi sono armonizzati da un’eccellente colonna sonora. Tutte le musiche del documentario sono, infatti, composizioni inedite o pezzi già esistenti eseguiti ed interpretati appositamente per l’opera cinematografica, tra i quali la celebre Liturgia di San Giovanni Crisostomo di Tchaikovsky eseguita dal Coro della Cattedrale Ortodossa di Minsk. Notevole anche l’apporto artistico di Medūlla, pseudonimo di Michele Salis Figus, cantautore che da anni lavora per regalare all’ascoltatore non solo musica ma l’occasione di vivere una vera e propria esperienza interiore.
C’è sempre una possibilità di rinascere, c’è sempre una possibilità per ripartire e rialzarsi, questo l’insegnamento che ci consegna l’incidente nucleare e l’incredibile movimento di solidarietà nato dal basso grazie alla mobilitazione di migliaia di volontari e famiglie, oggi più che mai questo insegnamento è uno stimolo per tutti noi, oggi, quando tutto sembra perduto in un mondo sconvolto dalle guerre e persino le accoglienze solidali sono vittime di questa situazione.
Questo film è dedicato quindi alle centinaia di migliaia di persone che hanno dovuto abbandonare la propria casa a seguito del disastro di Chernobyl, ai Liquidatori che, con sacrificio e abnegazione, hanno affrontato l’ignoto per mitigare le conseguenze dell’incidente e alle centinaia di migliaia di famiglie in Italia e anche nel resto del mondo, che hanno accolto nelle loro case i bambini di Chernobyl dando significato concreto alla parola solidarietà.
“Le cicogne di Chernobyl” è stato realizzato nell’ambito di un più ampio progetto promosso dall’Associazione Cittadini del Mondo che gode del sostegno della Fondazione di Sardegna e una vasta e capillare rete di partner a livello regionale, nazionale ed internazionale.